Primo

31 Gen 2025 | Tutta un'altra storia

Dox18 trasformò il suo funerale in una manifestazione. Quanta gente! diceva la gente, deve essere uno importante! Era un ristoratore e ballerino, aveva rischiato la galera dal governo Tambroni al Cyberpunk. Libraio e memoria di mezza città. E anche di Volta G, mezza assessora, rinnegata e con la scorta da sindaco. Fischiata e insultata, non se ne andò. Fu ostinata come una malattia. (da ‘Zero Taliato)

– Nacque a Milano il 17 giugno 1936 da Francesco e da Marina Bindi, in una famiglia toscana di origine contadina, di fede monarchica, emigrata a Milano negli anni Trenta.

All’arrivo in città il padre aveva avviato un’attività di ristorazione, prima con una friggitoria, poi con una trattoria in via Ripamonti, in un quartiere periferico a composizione operaia e di forte radicamento comunista, molto frequentata dai lavoratori della OM e della Centrale del latte, infine con un ristorante nella centralissima via Larga, vicino alla storica contrada del Bottonuto.

Interrotti anzitempo gli studi in una scuola di avviamento professionale, nella quale si era distinto per indipendenza di giudizio e scarsa disciplina, Moroni si cimentò prima come addestratore di cani e poi come cameriere nella trattoria e nel ristorante paterno. Irrequietezza e contrasti lo spinsero ad abbandonare la famiglia, a perfezionarsi alla scuola alberghiera di Stresa e a lavorare all’estero.

In Costa Azzurra, all’hotel Negresco di Nizza, divenne capocameriere, chef de rang, mestiere molto faticoso (14 ore al giorno) ma altamente redditizio (500-700.000 lire al mese nel 1952-56), grazie al quale familiarizzò con una clientela di alto livello. Iscritto dal 1953 alla Federazione giovanile comunista italiana (FGCI) e dal 1956 al Partito comunista (PCI), visse la contraddizione tra le indicazioni culturali recepite nel lavoro e quelle circolanti nelle sezioni, e, pure, le ambiguità di un ambiente comunista di base che si percepiva come grande, unito e con un progetto rivoluzionario da non esplicitare.

Molti ed eterogenei furono dunque gli universi sociali con i quali entrò in contatto: dall’alta borghesia, cólta e spregiudicata nei comportamenti, alla solida comunità delle sezioni di partito, impregnate dell’etica del lavoro e del moralismo caratteristico degli anni dello stalinismo, all’ambiente ‘leggero’ ed ‘equivoco’ del Bottonuto, storico quartiere del ‘ventre di Milano’ nel quale abitava.

Frequentando i locali notturni milanesi, Moroni scoprì la passione e l’inclinazione per il ballo e iniziò a studiare danza classica, spinto a ciò anche dalla morale comunista: «Avevo due mestieri – ricorda nella sua autobiografia – uno che mi piaceva,  il ballerino,  e uno che ero costretto a fare nei ristoranti. E allora, proprio per quel modello politico e culturale assimilato nel PCI, non potevo essere un cameriere. Se ero comunista, dovevo diventare uno chef de rang, cioè un professionista. E se facevo il ballerino di sala non potevo limitarmi a fare le gare, ma dovevo specializzarmi. Esattamente come se avessi fatto l’operaio, avrei dovuto diventare operaio specializzato e se fossi stato specializzato, caporeparto. Così ho fatto due anni di danza classica perché, se ballerino dovevo essere, dovevo possedere i fondamenti scientifici della danza» (Da “Don Lisander” alla “Calusca”, 1982-83, p. 30).

Partecipò a importanti concorsi internazionali distinguendosi nel charleston (vinse un campionato europeo) e nel rock’n roll,  giungendo alle finali dei campionati mondiali. Un incidente al ginocchio, durante un’esibizione, mise fine alla sua carriera di ballerino.

Essenzialmente autodidatta, nella sua formazione culturale e politica Moroni trasse alimento dalla frequentazione della Casa della cultura, un’associazione culturale milanese di sinistra animatrice del dibattito intellettuale negli anni Cinquanta sganciata dalla più stretta ortodossia di partito. Centro organizzativo di concerti, spettacoli, mostre d’arte, presentazioni di libri, la Casa – nel periodo in cui più fu frequentata da Moroni (attorno al 1960) – aveva i suoi principali punti di riferimento in Rossana Rossanda e Mario Spinella. Proprio all’inizio degli anni Sessanta, crebbe la disaffezione nei confronti del PCI in concomitanza con alcune esperienze politiche, intellettuali e private: dagli scontri di Genova del luglio 1960 e dai conseguenti problemi di strategia politica, al profilarsi dell’analisi operaista delle trasformazioni del capitalismo italiano, alla rivalutazione del pensiero trotzkista nella rivista della FGCI Nuova generazione, alla manifestazione a sostegno di Cuba (per la ‘crisi dei missili’) del 27 ottobre 1962 nella quale morì lo studente Giovanni Ardizzone.

Quest’ultima discussa vicenda rappresentò – a suo dire – la goccia che fece traboccare il vaso; Moroni, testimone dell’investimento del giovane da parte di una camionetta della polizia, sostenne di non avere ricevuto, in sede giudiziaria, l’appoggio del partito che, preoccupato da eventuali sviluppi, accettò la versione ufficiale secondo la quale Ardizzone era rimasto schiacciato dalla folla  (L’orda d’oro, 1988, pp. 28-30).

Anche le modalità del processo di destalinizzazione lo allontanarono dal PCI. L’arrivo di una leva di militanti più istruiti e spesso provenienti dal ceto medio-borghese estromise i vecchi partigiani e gli operai dalla guida delle sezioni; le sezioni stesse, con una scelta che avrebbe determinato una disaggregazione fortissima, furono progressivamente trasformate in circoli culturali, aperti una o due sere la settimana, eliminando così un importante canale di socialità e organizzazione sul territorio. Lasciò definitivamente il PCI nel 1963.

Abbandonato l’impegno politico per alcuni anni, Moroni lavorò per un po’ come investigatore privato e poi come addetto alle vendite di importanti editori (Fabbri, Mondadori, Vallardi). In breve, grazie alla tenacia e alle indubbie capacità, divenne responsabile di settore per la Antonio Vallardi. Influenzato dagli autori della beat generation, dal movimento milanese dei capelloni, da riviste come Quaderni Piacentini e Classe operaia, maturò una nuova cultura politica. Sul finire del 1967 si licenziò dalla Vallardi e con la liquidazione aprì, assieme ad altri, il circolo «Si o Si club»; oltre a gestire un ristorante, organizzare concerti, spettacoli, letture di poesia, dibattiti politici e culturali aperti a migliaia di iscritti, il club introdusse nel dibattito temi di forte rilevanza sociale come l’aborto e la questione femminile. Le donne – la grande maggioranza dei soci – svolsero un ruolo essenziale e Moroni, come quasi tutti i suoi amici scapoli, trovò nel club la compagna della vita.

Nel 1970 si sposò con Sabina Miccoli, dal matrimonio con la quale nacque la prima figlia Maysa. Il club chiuse nel 1969 per una vicenda economica che coinvolse il cassiere, il quale dilapidò il fondo cassa comune tentando la sorte al casinò di Venezia.

Nell’inverno 1971-72 Moroni aprì la libreria Calusca nel quartiere Ticinese, fin lì area di insediamenti artigiani e di piccola malavita, che nei primi anni Settanta si andava caratterizzando per la presenza di nuovi esercizi e soggetti. La libreria divenne un punto di riferimento nazionale per la diffusione delle pubblicazioni dei movimenti di estrema sinistra, un luogo di incontro per militanti e insegnanti e di reperimento di materiali sulla storia del movimento operaio e socialista. Moroni non militò nei gruppi della sinistra extraparlamentare formatisi dopo il Sessantotto ma, attraverso la libreria, svolse un’opera di collegamento e riflessione trasversale sulle lotte sociali e sui loro riferimenti storici, per l’intero arcipelago di gruppi e movimenti: dai suoi segmenti storici, anarchici e comunisti di sinistra, ai gruppi operaisti, autonomi, maoisti, situazionisti, internazionalisti, alle espressioni del nuovo femminismo radicale e dei movimenti di liberazione sessuale.

La Calusca fu anche editore. Molto rilievo ebbe Primo maggio, rivista di storiografia militante fondata da Sergio Bologna (intellettuale di notevole influenza su Moroni), Giancarlo Buonfino, Bruno Cartosio, Franco Mogni e dallo stesso Moroni. La rivista – attenta alla storia della classe operaia e dei movimenti sociali, alla metodologia della ricerca storica (in particolare all’uso delle fonti orali), a linguaggi e culture politiche, a trasformazioni dei sistemi produttivi e modelli di organizzazione della politica – favorì una relazione virtuosa tra lotte sociali del presente e analisi critica dei mutamenti della società contemporanea e collegò la provincia italiana a scenari internazionali. A partire dalla Calusca, Primo e Sabina svilupparono una rete nazionale di distribuzione editoriale, la Cooperativa Punti Rossi che, formata da 65 tra librerie e centri di documentazione, permise la circolazione di produzioni editoriali alternative, di base e locali fino ad allora escluse dalla distribuzione commerciale

Con la fine degli anni Settanta lo scenario storico della sinistra italiana mutò profondamente. Il ‘movimento del ’77’, con la sua critica nei confronti dei tradizionali profili della militanza, si fece portatore di istanze di liberazione che – sulla scia dei movimenti femministi – investivano la quotidianità, il corpo, la sessualità, la comunicazione, gli usi e le conseguenze sociali della scienza e della tecnologia. Nel frattempo, mentre la ristrutturazione economica andava distruggendo i poli industriali, base materiale di quella che era stata la ‘centralità operaia’, iniziò la proliferazione dei gruppi armati e la scelta della clandestinità. L’attività di diffusione di materiali di informazione politica molto radicali comportò alcune perquisizioni da parte della polizia, mentre numerosi habitués della Calusca furono arrestati in relazione alla loro militanza.

Sul piano sociale il dissolversi di un tessuto di relazioni e la sconfitta dei movimenti sfociarono in un profondo disagio esistenziale, crebbe l’uso di stupefacenti e crebbero i suicidi. In alcuni casi si trattò di persone molto vicine a Moroni, come Buonfino, grafico, artista e storico della cultura del movimento operaio e delle sue forme di comunicazione. A seguito di questi processi, la libreria registrò un sensibile cambiamento della domanda culturale, sempre più orientata verso psicoanalisi, medicina e alimentazione alternative, esoterismo e poesia.

.mi, dedito ad analisi territoriali, sociologiche e culturali nell’epoca del postfordismo, partecipando a ricerche su periferie, immigrazione, Lega lombarda. Pubblicò, con Balestrini, L’orda d’oro: 1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale (Milano 1988), dove ricostruiva la storia dei movimenti politici e controculturali della nuova sinistra. Nel 1992 riaprì la libreria Calusca City Lights, in omaggio al poeta-libraio-editore Lawrence Ferlinghetti, all’interno del centro sociale autogestito Cox 18 di Milano; e partecipò alla nascita delle riviste Altreragioni (1992-2000) e Derive/Approdi (1994-2005).

Gli anni Ottanta segnarono un ripiegamento delle iniziative. Fu chiusa la cooperativa Ar&a, promossa insieme al poeta Nanni Balestrini, e la libreria perse pubblico e peso; parallelamente Moroni orientò il suo impegno soprattutto verso le questioni giudiziarie e carcerarie che coinvolgevano molti suoi compagni.

Attento al ruolo modernizzante dei movimenti, fu tra i primi a valorizzare le potenzialità controculturali dei gruppi punk milanesi – circondati da una generale diffidenza anche negli ambienti dell’estrema sinistra – impegnati nell’occupazione di nuovi spazi di socializzazione e autoproduzione musicale e culturale, il più celebre dei quali fu il Virus di via Correggio 18. Nel 1984 Ermanno ‘Gomma’ Guarnieri e Raf ‘Valvola’ Scelsi iniziarono una collaborazione con la libreria Calusca: Moroni mise a disposizione una sala per lo sviluppo dei loro progetti dai quali, nel 1987, nacque Decoder, rivista storica del cyberpunk italiano, con un articolo dello stesso Moroni nel primo numero, quando già – a seguito di difficoltà economiche e personali – aveva chiuso la libreria (estate 1986).

Nella primavera 1986 iniziò un nuovo rapporto sentimentale con Anna Pellizzi, dal quale, nel dicembre del 1989, nacque Chiara Pellizzi.

In questi anni lavorò come ricercatore esterno per il Consorzio Aaster, fondato e diretto da Aldo Bonomi, dedito ad analisi territoriali, sociologiche e culturali nell’epoca del postfordismo, partecipando a ricerche su periferie, immigrazione, Lega lombarda. Pubblicò, con Balestrini, L’orda d’oro: 1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale (Milano 1988), dove ricostruiva la storia dei movimenti politici e controculturali della nuova sinistra. Nel 1992 riaprì la libreria Calusca City Lights, in omaggio al poeta-libraio-editore Lawrence Ferlinghetti, all’interno del centro sociale autogestito Cox 18 di Milano; e partecipò alla nascita delle riviste Altreragioni (1992-2000) e Derive/Approdi (1994-2005).

Affetto da qualche tempo da un tumore, morì a Milano il 30 marzo 1998, nella casa dove abitava con Anna e la figlia Chiara.

Fra i suoi scritti: Centri sociali: che impresa! Oltre il ghetto: un dibattito cruciale, con D. Farina e P. Tripodi, Roma 1995; Le parole e la lotta armata. Storia vissuta e sinistra militante in Italia, Germania e Svizzera: materiali tratti dal Convegno di Zurigo Zwischenberichte, con IG Rote Fabrik e Konzeptbüro, Milano 1999; Ca’ lusca. Scritti e interventi di Primo Moroni, Milano 2001; La luna sotto casa. Milano tra rivolta esistenziale e movimenti politici, con J.N. Martin, Milano 2007; 7, 16 (167), 18, 19, 76 (1976), sulla ruota di Milano, in Storia di un’autogestione, a cura di Cox 18, Milano 2010.

Fonti e Bibl.: Milano, Arch. Primo Moroni, consultabile anche all’indirizzo http://www. inventati.org/apm. Indicazioni e aiuti preziosi sono giunti da Maysa Moroni, Laura Schettini e Tommaso Spazzali. Si vedano inoltre: Primo e Sabina della libreria Calusca di Milano, in E. Cevro-Vukovic, Vivere a sinistra. Vita quotidiana ed impegno politico nell’Italia degli anni ’70. Un’inchiesta, Roma 1976, p. 33; Da “Don Lisander” alla “Calusca”. Autobiografia di P. M., a cura di C. Bermani, in Primo Maggio, 1982-83, n. 18, pp. 27-37; C. Formenti, Addio a Moroni, ultimo alternativo, in Corriere della sera, 1° aprile 1998, p. 49; S. Bianchi, Mescolando il riso alle lacrime, in Derive/Approdi, 1998, n. 16.

 © Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani

Al suo funerale è stato il primo brano ad essere trasmesso, prima degli Inni partigiani, prima delle ‘canzoni d’amoree di  lotta’.

Era il brano preferito di Primo. Era un funerale veramente laico.