LUCIA, LA CONZA PIATTI E LEMMA
di Giovannina Volo
Non so quanti a Corleone conoscano la storia di Lucia, una donna che ho sempre custodito dentro di me fin dalla tenera età, era una storia che mi piaceva e mi emozionava tanto.
Man mano che son maturata in consapevolezza Lucia ha acquistato sempre più consistenza fisica, autorevolezza morale, forza combattiva ed è cresciuta in me la coscienza-piacere di raccontare e scrivere di lei, del suo vissuto reale mescolato a quello da me immaginato, perché io come voi non l’ho mai conosciuta.
Tutto ciò che di seguito racconterò l’ho appreso nelle sere d’estate della mia infanzia quando, io e mia madre, dopo cena, andavamo dalla nonna che abitava nel quartiere Pozzo Buono dove era abitudine delle persone residenti sedersi davanti la porta per beneficiare della frescura della sera e fare quattro chiacchiere con il vicinato. Da un lato gli uomini, dall’altro le donne che discorrevano del più e del meno mentre spicchiavano le fave per il futuro piatto caldo invernale, il maccu. Mia nonna, la za Cicca Paola, la za Vittoria, la za Angelina animavano le serate raccontando fatti, storie, vicende del passato, cercavano anche di tenere noi bambini buoni con cunti, cantilene, tiritere, scioglilingua. Io ascoltavo le storie, me ne appropriavo e riponevo negli scaffali della mia memoria.
Lucia era il suo nome, Mirruzza il soprannome, non conosco il cognome. Lucia Mirruzza esplicava a Corleone lo stesso mestiere di lu Zi Dima Licasi di pirandelliana memoria, dava i punti ai piatti, ai lemma, ai quartari, ai giarri sciaccati, “poi ci rava un’allustrata cu un miricamento chi sulu idda canusceva e miraculu i piatti i lemma e i quartari pigghiavano arreri lu sonu di quannu eranu novi“. Queste parole fin da piccola mi procuravano vive sensazioni di commozione ed hanno stimolato la mia immaginazione. Nella giovane età pensavo a Lucia come una MAGA BUONA ed ho scritto questi primi pensieri fantasiosi, bislacchi, ingenui intessendo un intenso, animato e giocoso rapporto tra Lucia e i suoi Cocci.
“I piatti, i lemma, i quartari aspettavano il loro turno. Aspettavano Lucia a conza piatti e lemma 3 punti un soldo. Aspettavano di essere toccate, accarezzate, rivitalizzate dalle mani di Lucia. Con quanto ardore i piatti desideravano sciaccarsi perché Lucia potesse toccarle! Il suo tocco, la sua magia rigeneravano la vitalità di quei piatti, quartari e lemma che nell’indifferenza dell’uso volevano essere protagonisti. La tristezza dei catoi generava nei piatti la tendenza allo sciaccamento, ferite che Lucia guariva, anche i piatti hanno bisogno di amore! Lucia cunzava e vulava; volava con i suoi pensieri, Lucia era felice soltanto quannu cunzava! I piatti le erano grati e facevano per lei grandi spettacoli, la allianavanu con il loro suono ritrovato. La Musica dei piatti cunzati da Lucia è cosmica, viscerale. La Musica di Lucia è una musica per pochi eletti, una musica stellare, la musica della felicità, musica della vita, del sangue.”
Anche suo padre faceva lo stesso mestiere, Lucia figlia d’arte. Di Lucia raccontavano che era “auta, stacciuta, occhi buttunusi, pilu russignu, vuci nanfarusa, ammasculunata, ma abilitusa e ntustriusa”. Infatti qualche giorno prima dell’Ascensione, Lucia, con una grande graticola caricata sulle spalle, andava a piazzarsi con i suoi nipoti nelle vicinanze del Santuario di Tagliavia dove si recavano i tanti devoti corleonesi e quelli dei paesi vicini che dopo aver assistito alle funzioni religiose rimanevano in luogo per godersi una giornata all’aperto con famiglie e compaesani. La carne di crasto, che i gitanti-devoti portavano con sé per la schiticchiata, veniva arrostita da Lucia dietro un piccolo compenso e nello stesso tempo riempiva la pancia sua e quella dei suoi nipoti con degli innocenti e inevitabili furterelli di assaggi, in tempi di fame “ogni ficateddu di musca fa sustanza”; sì, peccatucci veniali per una donna che della fatica conosceva il reale sudore, infatti a giugno faceva anche la iurnatera, andava a giornata a mietere il grano impugnando la falce sotto il picco del sole cocente che curvava le schiene e asciugava tutti gli umori vitali dei senza terra vessati nell’anima dallo sguardo feroce dei suprastanti alle dipendenze dei proprietari terrieri, preoccupati di mantenere i propri privilegi.
“Bannera russa appizzata o muru,
Lucia Mirruzza si stuia u culu”.
Così strepitava Pierino u mafiusu quando voleva denigrare il Partito Comunista “u partitu di puvureddi”. Lascio a voi le considerazioni del caso. Lucia, donna semplice, era quasi sicuramente analfabeta, ma il duro lavoro dei campi, la fame che toglie i pinseri buoni pi chiddi tinti e ancora il suo mestiere di conza piatti e lemma che la metteva a contatto con la nera miseria in cui vivevano nei loro catoi le donne insieme ai figli, credo abbiano determinato la presa di coscienza e la consapevolezza della sua necessaria partecipazione alle lotte contadine per un futuro migliore. Lucia andava alle manifestazioni indette dal partito brandendo la bandiera rossa e cantando forse anche l’inno internazionale. Lucia, dalla descrizione non era una donna dalle fattezze fisiche gentili anzi viene descritta fortemente bruttina, ma io l’ho sempre immaginata con uno sguardo fiero, dal passo sicuro, sorniona, consapevole della sua dignità come persona e come donna. Lucia ha anche sfidato i tempi, le convenzioni sociali, ha rifiutato il cosiddetto matrimonio combinato, alle sue contestazioni la famiglia si dimostrava sorda sperando forse che prima o poi si sarebbe rimessa alla loro volontà. Lucia non si rassegna, da donna abilitusa e rispettosa della propria dignità, si racconta che il giorno delle pubblicazioni, alla domanda del funzionario che le chiedeva se acconsentiva liberamente a questa unione, rispose con un secco “No, Iddi vonnu” riferito ai familiari presenti, e va via. Dopo di lei un’altra donna, Franca Viola, si rifiuta ad acconsentire al matrimonio riparatore dopo essere stata rapita dal suo pretendente mafioso che lei aveva sempre rifiutato. Non so altro su Lucia ma credo che si possa, dal mestiere, dalle vicissitudini della sua vita, supporre che sia nata tra la fine del 1800 primi del 1900, sicuramente è stata una delle tante donne a partecipare alle lotte contadine, la sua forza e il suo valore stanno nelle sue azioni, nelle sue convinzioni con cui ha affermato la propria identità di persona, di donna e di lavoratrice in tempi in cui la donna era obbligata al silenzio sociale e familiare e per di più quando il comune sentire nei confronti delle donne era “quannu nasci una fimmina si avissi strogghieri u biddicu”. Una frase feroce ma che evidenzia una grande contraddizione dell’immaginario maschile, la donna “ontologicamente niente, immaginariamente potente”. Penso che Lucia, donna antica che conserva interamente la propria attualità, sia figura da recuperare in un tempo come il nostro travagliato da una sempre più minacciosa mancanza di speranza.
Dedichiamo a Lucia una splendida ed inusuale Giusy Ferreri diretta dal maestro Nicola Piovani: ‘La canzone del mal di luna’ rielaborazione di una vecchia aria siciliana.
CANZONE DEL MAL DI LUNA
Nicola Piovani
La luna ‘un avi ciammi e vui l’aviti
Idda I’argento e vui l’oro purtati
Idda la luci spanni
Idda la luci spanni
e vui la dati.
La luna in cielo e vui lucite in terra
Site ‘na donna di belizzi rari
E spirluciti como
E spirluciti como una lanterna
Como varca a macieddu supra mari
Como varca a macieddu supra mari
Ne lo tuo pietto
‘n aucieddo ci verna
Nella tu vucca ‘n arburi
ci arridi
Bella ca fusti fatta
Bella ca fusti
fatta in vita eterna
Tutti l’arburi sicchi
fai sciuriri
Tutti l’arburi sicchi
fai sciuriri.
La luna non ha fiamme e tu ce l’ hai
Lei è vestita d’ argento e tu sei vestita d’oro
Lei spande la luce
Lei spande la luce e tu la doni
Lei splende in cielo e tu splendi in terra
Sei una donna di bellezze rare
E illummini come
E illummini come una lanterna
mentre una barca si perde nel mare
mentre una barca si perde nel mare
Nel tuo petto un uccello passa l’ inverno
Nella tua bocca un alberello mette radici
Come sei fatta bella
Come sei fatta bella in una vita eterna
Tutti gli alberi secchi fai fiorire
Tutti gli alberi secchi fai fiorire